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Pensieri di Giuseppe Spezia

Se arrivate a Cuggiono e chiedete di Pinetto, senza specificare il cognome, che fa Spezia, tutti vi sanno indicare una via e una casa. I bianchi capelli e il dinoccolato incedere esprimono una vetusta saggezza forgiata dalle traversie della vita. Una fanciullezza trascorsa nella dignitosa miseria delle nostre contrade e quei tribolati giorni quando la barbarie attraversò l'Italia, hanno lasciando segni indelebili nel suo spirito e sono una costante nei suoi scritti. Nelle sue poesie la lirica è intrisa da quel anelito di libertà che lo aveva portato a mettersi in gioco nei tragici momenti che avevano visto le brigate partigiane, indipendentemente dal colore politico, unirsi sotto l'unico vessillo che tutti ci unisce. Il velo di tristezza che qualche volta si respira leggendolo, è il frutto di quel carico di emozioni che solo negli animi più sensibili si fa palpabile alimentato anche dal ricordo di quegli amici che con lui avevano condiviso il sogno di un'Italia libera.
Quelli che qui presentiamo sono solo alcuni dei suoi "Pensieri".

Primavera

Rondini nuove
ali sfreccianti sulle pozzanghere
che la pioggia di ieri ha lasciato,
occhi che scrutano le nuvole
dove lo sguardo umano non giunge
e al solo sognar la mente nostra si appaga,
dove le loro ali si beano vicino al cielo. E sotto le gronde delle case
della distesa campagna
ricomincia il cinguettio di vita,
mentre l'inverno delle molte feste
dolcemente ci lascia per sempre.

La Campana

Lassù regalmente assisa nella torre tua
dall'alba al cader del giorno
attenta sempre osservi
il muoversi della contrada.
E quando di color s'adorna la contrada
il suono tuo tenue s'adagia sulle rosse tegole
appena sfiorate dal sole.
E lo svegliar m'è dolce nell'armonia.
Ma quando il trapasso annunci
l'eco del rintocco tuo è grave...
e sentir mi fai nell'etere
un mesto suon di voci in transito
come la foglia gialla dal vento mulinata
che va cercando un punto fermo
a stagion finita.
Ti prego per quel giorno
tu che lassù, come giudice osservi:
fa che il suono tuo, tenue ancor si spanda
sulle rosse tegole
come all'alba.
E se nell'ora del tramonto
cospicua non è la sacca delle virtù mie
clemente sii col tocco tuo!

Una data, un evento...

Era di primavera il vento...
...e di aprile il giorno.
Nubi oscure di fatal sembianze
appese altere alla nera volta
fisse ed eterne parean.
Poi il vento d'aprile soffiò
e tutto si allontanò
si sciolse, si disperse, si diradò.
E il sole accarezzò
le contrade in festa

25 aprile 1945